L’intervento di USB al convegno “Agricoltura contadina: diritto alla terra e sostenibilità”

Roma -

Nella giornata di martedì 22 novembre USB è stata invitata a partecipare all’importante convegno “Agricoltura contadina: diritto alla terra e sostenibilità. Per un dialogo tra ricerca ed associazionismo”, organizzato da ISGI, Consiglio Nazionale delle Ricerche e Centro Internazionale Crocevia. Il convegno si tiene in Via dei Taurini, 19 Roma, nella giornata di martedì 22 dalle ore 9:30. Di seguito l’intervento di Stefano De Angelis di USB Lavoro Agricolo.

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Il lavoro agricolo in Italia ed in Europa 

Intervenendo sulle politiche per il miglioramento delle strategie alimentari in Europa e in Asia, per una organizzazione sindacale attiva in Italia, uno dei paesi più importanti in Europa sotto il punto di vista della produzione agricola, e soprattutto uno dei paesi più importanti nella produzione agricola di qualità e con una forte legislazione contro gli OGM, è prioritariamente necessario evidenziare e denunciare quelle che sono le responsabilità politiche ed economiche delle grandi aziende agricole ed agroindustriali e le responsabilità enormi delle istituzioni internazionali e nazionali.

Per un’organizzazione sindacale affrontare la tematica dell’agricoltura e della alimentazione è d’obbligo partire dalle condizioni in cui sono trattati i lavoratori che insieme ai contadini sono i protagonisti giornalieri della produzione del cibo. Senza contadini e senza braccianti agricoli, tutti lo sappiamo, non ci sarebbe produzione di cibo.

E se in cima alle nostre priorità come Unione Sindacale di Base, c’è il concetto che il cibo non è una merce ma un diritto ne consegue che tutto il sistema agroalimentare dovrebbe essere subordinato alla soddisfazione dei diritti fondamentali di tutti i protagonisti di questo sistema.

Dai piccoli produttori, ai lavoratori della terra, ai consumatori dei prodotti alimentari le politiche agricole comunitarie, ossia pubbliche, dovrebbero tener conto di tutti gli aspetti che favoriscono il benessere sociale, economico e lavorativo di queste categorie, mettendo in secondo piano la ricerca del massimo profitto da parte dei privati, malattia endemica del sistema capitalistico.

Stiamo sostenendo, nell’ambito di una larga campagna nazionale, l’iniziativa di 27 organizzazioni e associazioni impegnate nella difesa dell’agroecologia e del rispetto dell’ambiente, per contrastare la reale minaccia portata avanti in Europa ed in Italia per la reintroduzione degli OGM senza dichiararlo in etichetta. L’intera filiera agroalimentare italiana, convenzionale e biologica, è nota in tutto il mondo anche per il fatto che da oltre vent’anni il nostro paese ha deciso di restare libero da OGM. Questa decisione, grazie anche ad una legislazione sempre più stringente, rappresenta una chiave della forza commerciale e della garanzia di qualità del nostro cibo sul mercato. La deregolamentazione dei nuovi OGM metterebbe invece a rischio l’intero comparto con conseguenze irreversibili.

Dobbiamo invece constatare che il sistema agricolo è totalmente subordinato agli interessi delle grandi industrie alimentari, dei grandi proprietari terrieri, delle grandi speculazioni finanziarie, delle grandi catene di distribuzione e commercializzazione del cibo che impongono, condizionano determinano le politiche agricole pubbliche.

Siamo consapevoli di come quest’incontro avvenga in un momento drammatico per le sorti dell’intera umanità, la guerra russo-ucraino sta evidenziando ancora una volta come gli interessi capitalistici contrapposti di nazioni interessate più al riposizionamento geopolitico per il dominio del mercato internazionale, che alle sorti del fabbisogno alimentare delle popolazioni, produrrà un notevole peggioramento in Europa delle condizioni di vita di milioni di persone. Come accaduto in tante guerre determinate dalla stessa volontà di dominio dei mercati, il terrore e l’insicurezza stanno già determinando lo spostamento di milioni di profughi da una nazione all’altra.

Purtroppo dobbiamo testimoniare che le migliaia di profughi provenienti dai conflitti in terre africane, in Afghanistan, in Siria, in Iraq e precedentemente dai paesi dell’est Europa, sono divenute in Italia forza lavoro da sfruttare al limite dello schiavismo, spesso ed in grandi numeri questo è avvenuto in agricoltura.

La denuncia che noi oggi rappresentiamo ai partecipanti a questo incontro è una denuncia che parte dalle nostre esperienze dirette sui campi dove quotidianamente siamo presenti per raccogliere le testimonianze dei lavoratori della terra e per organizzarli nella rivendicazione dei loro diritti, ma queste nostre denunce sono state nel tempo confermate e rilanciate sia a livello internazionale che a livello nazionale da personalità, organizzazioni, istituzioni che sicuramente più di noi dovrebbero pesare nel cambiamento delle regole.

Dopo diversi anni di interventi nei campi al fianco principalmente dei lavoratori migranti, sfruttati e ricattati per la loro condizione di straniero spesso clandestino e quindi maggiormente ricattabile, nel 2018 otteniamo dal Governo italiano uno specifico tavolo di interlocuzione sulle condizioni lavorative, e ponendo già allora l’importanza della condizionalità sociale del rispetto dei diritti dei lavoratori nella regolamentazione dell’elargizione dei sussidi garantiti dalla PAC.

 

Nell’ottobre del 2018 a Roma presso la FAO durante la 45esima edizione del Comitato per la Sicurezza Alimentare delle Nazioni Unite (CFS), partecipiamo all’incontro del CSM denunciando che nonostante l’esistenza di una convenzione intergovernativa adottata dall’ONU per la protezione dei migranti e delle loro famiglie strumento essenziale per le rivendicazioni e le vertenze dei braccianti sfruttati e schiavizzati., questa non è mai stata ratificata dall’Italia e dall’Europa.

Vogliamo anche ricordare, come l’USB tiene in alta considerazione la Dichiarazione ONU sui diritti dei contadini e delle altre persone che lavorano nelle aree rurali votata 17 dicembre 2018 durante la 73° Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York

Nel gennaio 2019, dopo che nel novembre 2017 segretario generale della Federazione Sindacale Mondiale aveva visitato il ghetto dei lavoratori braccianti vicino Foggia e constatato lo stato di enorme degrado in cui sono costretti a vivere i braccianti e aveva quindi portato all’attenzione della Commissione europea la disumana condizione di sfruttamento esistente in uno dei paesi più ricchi del primo mondo, perviene al governo italiano la nota della presidente liberale svedese Cecilia Wikström della Commissione per le Petizioni del Parlamento Europeo con la quale l’Italia è stata caldamente invitata a migliorare la situazione dei migranti, con particolare riguardo agli alloggi, all’accesso all’acqua, all’igiene, ai trasporti e alla sicurezza sociale. Ricordando inoltre che la lotta allo sfruttamento sul lavoro, incluso quello dei migranti, rimane un obiettivo politico e una priorità non solo della Commissione ma dell’intera UE.

 

Il governo europeo ricorda infatti l’obbligo di garantire ai lavoratori migranti gli stessi diritti di quelli italiani, ivi compresi salari, sicurezza e salute.

Nel gennaio 2020 la Relatrice Speciale ONU per il diritto all’alimentazione Hilal Elver al termine di una visita di undici giorni nelle diverse località italiane dove è maggiormente evidente lo sfruttamento in agricoltura dichiara: “Sulla scena internazionale l’Italia è un paese molto attivo nella promozione dei diritti umani, soprattutto per quanto riguarda il diritto all’alimentazione; ma questo non si rispecchia interamente su scala nazionale” (…)

“Durante la mia visita ho incontrato molte persone che dipendono da banchi alimentari e da enti di beneficienza per il loro prossimo pasto, migranti senza dimora e senza un alloggio sicuro dove trascorrere la notte, lavoratori agricoli sottoposti a orari di lavoro eccessivi in condizioni difficili e con stipendi bassi, che non permettono loro di far fronte ai bisogni fondamentali, lavoratori migranti privi di documenti e dunque relegati in un limbo senza accesso a lavori regolari o alla possibilità di prendere in affitto un posto dignitoso in cui vivere e studenti le cui famiglie sono troppo povere per pagare i prezzi richiesti dalle mense scolastiche”, ha aggiunto Elver.

“In quanto paese sviluppato, nonché terza economia in Europa, tali livelli di povertà e di insicurezza alimentare in Italia non sono accettabili. Il governo italiano dovrebbe comprendere che la beneficienza in ambito alimentare non va confusa con il diritto all’alimentazione”.

I migranti che lavorano in ambito agricolo costituiscono uno dei gruppi più vulnerabili in Italia. All’interno del settore agricolo italiano ci sono tra i 450.000 e i 500.000 lavoratori migranti, che rappresentano circa la metà della forza lavoro complessiva. Quello agricolo è spesso l’unico settore in cui i lavoratori poco qualificati riescono a trovare un impiego. La più elevata percentuale di lavoratori irregolari in relazione al numero totale dei lavoratori migranti si trova in ambito agricolo.

“Attraverso la legge 199/2016 contro lo sfruttamento del lavoro, l’Italia ha esteso la portata della già esistente disposizione contro il caporalato. Ad ogni modo, la legge risulta incapace di sostenere i diritti umani di tutti i lavorati agricoli, nello specifico dei migranti privi di documenti, relegati in una condizione di invisibilità e di paura”.

Lo sfruttamento in ambito lavorativo non costituisce l’unico modo in cui l’illegalità si insinua all’interno del sistema agricolo europeo. Vi sono anche altri aspetti inaccettabili, tra i quali l’abbandono in aree rurali di prodotti contaminati, che vengono altresì inceneriti o riversati nelle acque dei fiumi; mercati all’ingrosso in cui gli agricoltori sono costretti ad accettare prezzi talmente bassi da rischiare di compromettere il proprio sostentamento; acquisti di terreni con proventi da attività illegali; la presenza di fertilizzanti contraffatti e tossici piuttosto diffusi, che vengono importati o assemblati in Italia e spesso utilizzati da lavoratori senza le adeguate competenze e in mancanza di misure di sicurezza sono solo alcune delle diverse pratiche illegali.

“L’aumento della grande distribuzione ha determinato un significativo riassetto del settore alimentare, poiché le principali catene di distribuzione controllano la maggior parte del mercato agroalimentare, imponendo prezzi bassi, che i piccoli agricoltori non riescono a eguagliare”, ha affermato la Relatrice Speciale.

 

Il 6 maggio del 2020, Papa Francesco durante l’udienza generale ha risposto all’appello lanciato il 1° maggio dai braccianti agricoli stipati nelle baraccopoli del Foggiano, “In occasione del 1° Maggio – ha detto il Papa - ho ricevuto diversi messaggi riferiti al mondo del lavoro e ai suoi problemi. In particolare, mi ha colpito quello dei braccianti agricoli, tra cui molti immigrati, che lavorano nelle campagne italiane. Purtroppo tante volte vengono duramente sfruttati. È vero che c’è crisi per tutti, ma la dignità delle persone va sempre rispettata. Perciò accolgo l’appello di questi lavoratori e di tutti i lavoratori sfruttati e invito a fare della crisi l’occasione per rimettere al centro la dignità della persona e del lavoro”.

 

Nel settembre 2021 in risposta ad una richiesta di suggerimenti da parte del neo ministro delle politiche agricole del governo Italiano Patuanelli, avevamo inviato le nostre note, già precedentemente espresse durante i diversi incontri del Tavolo sul caporalato. In sintesi i nostri suggerimenti furono:

“UNA PAC che rispetti il diritto dei lavoratori. - l’immediata attuazione da parte dello stato italiano della condizionalità sociale senza aspettare né il termine della volontarietà del 2023, né tantomeno della obbligatorietà prevista nel 2025. Il rispetto da parte dei beneficiari delle norme fondamentali relative alle condizioni di lavoro e di occupazione dei lavoratori agricoli e alla sicurezza e salute sul lavoro, devono essere condizioni imprescindibili.

L’Unione Sindacale di Base chiede, non solo la riduzione dei finanziamenti o la somministrazione di multe alle aziende, ma ritiene che si debba prevedere la totale esclusione dell’azienda dai finanziamenti europei”.

Sono arrivate poche settimane fa le Osservazioni sul piano strategico della PAC 2023-2027 presentato dall’Italia il 31 dicembre 2021. La Commissione europea ha espresso un parere ampiamente negativo evidenziando ben 244 rilievi tra inviti a correggere, modificare e completare nelle parti mancanti, il Piano elaborato dal nostro Governo.

Non spetta a noi entrare nel merito delle numerose osservazioni riguardanti la distribuzione dei fondi della PAC e l’insufficienza delle modalità con cui vengono ripartite le risorse finanziarie, poche per i piccoli produttori e molte per agroindustrie e latifondi. Inutile dire che la PAC italiana soffre di scarsa trasparenza e di poca chiarezza sulle scelte delegate alle regioni.   

Ciò che maggiormente ci interessa, in quanto organizzazione sindacale che si batte per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori agricoli, è l’osservazione riguardante l’applicazione della “condizionalità sociale nei contratti di lavoro”.

La Commissione Europea, al punto 10 delle sue osservazioni cita:

“L’Italia dovrebbe rafforzare notevolmente la logica di intervento del piano per quanto riguarda lo sfruttamento della manodopera. Considerato il tasso molto elevato di irregolarità (oltre il 55 %) riscontrato nel settore agricolo italiano in questo campo, è essenziale affrontare la questione per garantire la stabilità economica, la competitività e la sostenibilità sociale delle aziende agricole italiane. Per gli stessi motivi la Commissione accoglierebbe con favore un'applicazione efficace della condizionalità sociale sin dall'inizio dell'attuazione del piano.”

Sempre nei nostri suggerimenti indicavamo:

“Rispetto al primo semestre del 2018, il tasso di irregolarità riscontrate nelle imprese sottoposte a controllo è salito del 3% (dal 69% al 72%) ed il numero delle posizioni lavorative risultate irregolari è salito del 7,7% (da 77.222 alle attuali 83.191).”

E ancora: “Ora da questi dati fortemente esemplificativi, se si proietta il dato delle irregolarità riscontrate sul totale delle aziende percettrici di fondi PAC, non è azzardato pensare che almeno il 50 % delle aziende che ricevono sostanziosi aiuti dalla PAC non rispettino totalmente i contratti di lavoro. Infatti, la legge sul caporalato considera violazioni gravi oltre all’art. 603-bis Codice Penale sulla intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, ed evidenzia le caratteristiche principali con cui si possono verificare gli indici di sfruttamento:

•             la reiterata corresponsione di retribuzioni palesemente difformi dalle previsioni dei contratti collettivi di lavoro o comunque sproporzionate rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;

•             la reiterata violazione della normativa in materia di orario di lavoro, periodi di riposo, riposo settimanale, aspettativa obbligatoria e ferie;

•             violazioni delle norme in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro;

•             sottoposizione del lavoratore a degradanti condizioni di lavoro, alloggiative o di sorveglianza.

È assolutamente evidente che il problema del caporalato non può essere appaltato solamente agli organi repressivi e di controllo, ma deve assolutamente essere inquadrato nelle norme che possono prevenire i comportamenti illeciti.”

Inutile dire che le nostre osservazioni formulate al Tavolo del Caporalato e ripetute al Ministero dell’Agricoltura sono state completamente ignorate, sia dalle diverse componenti istituzionali sia dalle forze sindacali e associative delle categorie agricole.

Per concludere riportiamo la dichiarazione di Surya Deva, presidente del Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani, che ha svolto una missione nelle campagne italiane nell’ottobre 2021:

 “Gravi e persistenti abusi dei diritti umani in relazione alle attività delle imprese in Italia. Tali abusi includono condizioni di lavoro e di vita disumane per migliaia di lavoratori migranti, gravi problemi di salute e sicurezza sul lavoro e inquinamento ambientale che mette in pericolo la salute pubblica”. “I lavoratori migranti, compresi quelli provenienti da Paesi africani e asiatici, che lavorano in settori come l’agricoltura, l’abbigliamento e la logistica, sono intrappolati in un circolo vizioso di sfruttamento, schiavitù per debiti e abusi dei diritti umani che deve essere spezzato”.

Il quadro esposto della situazione dei lavoratori agricoli in Italia negli ultimi 5 anni, indica la certificata violazione dei diritti dei lavoratori e soprattutto dei braccianti migranti, ma noi oggi vogliamo strillare la nostra rabbia e la nostra indignazione nei confronti di tutte le istituzioni internazionali e nazionali che ben consapevoli delle condizioni in cui prospera il profitto dell’agricoltura italiana ed europea, si rivoltano dall’altra parte ogni qualvolta bisogna risolvere il benché minimo problema presentato dai lavoratori e dai contadini, che sono i veri protagonisti della produzione delle ricchezze che arricchiscono le grandi aziende, la grande distribuzione organizzata, il sistema bancario e dei fondi di investimento.

È un sistema che arricchisce anche i soggetti impegnati nell’assistenza, nella ricerca sociologica, nella narrazione delle difficoltà in cui vivono i soggetti che sono sfuggiti dalle guerre in Africa, in Asia in medio oriente, e che attraverso un meccanismo di sussidi e finanziamenti pubblici ha alimentato un economia parallela, impegnata a raccontare nei salotti buoni, nelle riunioni internazionali, nei mass media la condizione di povertà e sfruttamento che lo stesso sistema ha determinato. Un enorme raccolta di dati statistici, di testimonianze che servono a lavare le coscienze, a giustificare l’importanza del proprio operato.

Ciò che manca e che vogliamo denunciare è che tutte queste inchieste sociologiche e di raccolta di testimonianze, non hanno la stessa intensità, gli stessi approfondimenti, gli stessi dati statistici quando si deve denunciare l’operato del sistema agroindustriale, della Grande Distribuzione Organizzata, dell’ingiusto meccanismo dei finanziamenti della PAC. Possiamo anche affermare che molti di questi studi, inchieste, ricerche sulle condizioni disumane fin ora evidenziate sono commissionate con soldi pubblici, da quelle istituzioni e da quei decisori politici che nel momento di legiferare preferiscono avvantaggiare i potentati agroindustriali. In questa direzione sono andate negli ultimi anni le decisioni anche dei governi di centro sinistra, che hanno strutturalmente indebolito fino a renderlo ininfluente l’apparato di controllo delle violazioni sui posti di lavori, che hanno favorito con la complicità anche delle organizzazioni sindacali filo governative, la totalità impunità di padroni e padroncini liberi di operare nella più assoluta impunità in ogni luogo delle campagne italiane.

Non possiamo assolutamente accettare che le situazioni di sfruttamento, evidenziate sotto la spinta anche del nostro intervento, siano presenti da più di venti anni nella indifferenza di governi nazionali e istituzioni locali.

Ciò che servirebbe per contrastare veramente un sistema che provoca l’impoverimento in Italia di milioni di persone, tra lavoratori, contadini e le loro famiglie è il miglioramento delle condizioni di vita dei braccianti e dei contadini attraverso l’introduzione di un salario minimo di legge per i braccianti, l’approvazione di una legge sull’agricoltura contadina, con la tutela della piccola produzione attraverso agevolazioni sulle operazioni fiscali, sanitarie e commerciali, favorendo con veri incentivi l’agroecologia e una produzione agricola in armonia e nel rispetto della natura.

Sappiamo, per avviarmi alle conclusioni, che il miglioramento delle condizioni di vita di tutti coloro coinvolti nella produzione del cibo, è dato da leggi e regolamenti ma è il frutto principalmente della capacità dei lavoratori e dei contadini sfruttati di far sentire la propria voce e di organizzarsi collettivamente per modificare le condizioni esistenti. L’USB ha partecipato, come organizzazione ospitante al 18° congresso della Federazione Sindacale Mondiale, che si è concluso ieri 8 maggio a Roma, che ha visto la partecipazione di più di 400 delegati provenienti da più di 100 paesi nel mondo, una federazione Sindacale che da sempre è al fianco delle mobilitazioni dei lavoratori agricoli e dei contadini, come accaduto nel 2020/2021 per lotte e gli scioperi promossi unitariamente in India.

Insieme alla Federazione Sindacale Mondiale ci battiamo per l'attuazione pratica degli obiettivi e delle posizioni della FAO, dell'UNESCO e dell'ONU per la piena sufficienza alimentare ed energetica, l'accesso universale ai servizi pubblici di base, la fine della discriminazione civile, razziale ed etnica e la protezione dei diritti dei popoli indigeni, dei rifugiati e dei migranti. Chiediamo la protezione dei diritti umani e il diritto all'acqua, alla terra, all'aria, alla pesca e a tutti i beni essenziali.

Con questo impegno e con questi obiettivi saremo presenti nei momenti di confronto internazionale.