I braccianti scrivono a Papa Francesco: occupiamo la cattedrale di Foggia perché i nostri diritti siano rispettati
Caro Papa,
siamo i/le braccianti impegnati nella raccolta di pomodori e altri prodotti agricoli, “viviamo”nell'ex Gran Ghetto di Rignano nel comune di San Severo, ma ti scriviamo dalla cattedrale di Foggia, che abbiamo occupato questa mattina perché così magari riusciamo a farci sentire meglio.
Siamo lavoratori sfruttati e sottopagati ai quali non vengono riconosciuti i diritti minimi sindacali. Avendo imparato a coltivare e curare la terra sappiamo che, in ogni parte del mondo, chi si occupa di far fruttificare la terra vive vicino al suo “posto di lavoro”. È così da sempre, per ragioni facilmente intuibili. Lo dimostra anche la storia: quando braccianti e contadini si trasferiscono in città non solo cambiano mestiere ma anche, radicalmente, abitudini di vita. È sempre stato così anche in questa terra di storie e di lotte bracciantili.
Oggi il settore agricolo, con i miliardi di profitto che genera, fa dell'Italia uno dei principali produttori in Europa, senza che questo abbia un riflesso positivo sulle condizione di vita e lavorative degli operai agricoli in termini di diritti sindacali e sociali. Tutto questo è possibile proprio perché uomini e donne come noi vengono sfruttati nella filiera dell’agroindustria, succube delle imposizioni della Grande Distribuzione Organizzata (GDO).
La cronaca recente di queste terre dice che il 31 luglio scorso dopo una nostra manifestazione con oltre duemila braccianti in piazza, l’assessore regionale al Lavoro, Sebastiano Leo, l’assessore alle Politiche agricole, Leonardo Di Gioia, e il segretario della Presidenza regionale, Roberto Venneri si erano impegnati ad avviare un processo per riattivare la fornitura dell’acqua potabile all’ex Gran Ghetto di Rignano ma anche i diritti sindacali e l'inserimento abitativo dei braccianti, accogliendo così le nostre richieste di mettere fine allo sfruttamento sociale e lavorativo.
Tutto questo accadeva mentre il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano non solo ci aveva privato dell’accesso all’acqua potabile, ma si rendeva anche irreperibile di fronte alle nostre richieste di confronto
Il 13 settembre, mentre sollecitavamo la Regione Puglia ad applicare integralmente l’accordo del 31 luglio, ci veniva tolta di nuovo l’acqua potabile per impedirci di vivere dove lavoriamo e costringerci ad andare via. Ci hanno negato l’acqua in nome di una presunta legalità.
E allora anche noi protestiamo da questa cattedrale di Foggia, perché anche noi vogliamo legalità e giustizia sociale. Avere accesso all’acqua è giustizia sociale. È evidente che questa marcia indietro della Regione svela l’ipocrisia di questa loro presunta lotta per la legalità, che ha invece un altro nome: speculazione. Sulla pelle di uomini e donne costretti a vivere e a lavorare in condizioni inumane.
Abbiamo diritto ad un contratto di lavoro, lo prevede la legge, eppure nessuno di questi paladini della legalità si pone il problema di rispettarla.
Abbiamo diritto a un alloggio, di cui per legge dovrebbero farsi carico i datori di lavoro, ma neanche questa norma viene rispettata.
Abbiamo diritto ad essere risarciti per i tanti infortuni che subiamo sul lavoro, come prevede la legge, ma anche in questo caso la legge non viene rispettata.
Vogliamo vivere dove lavoriamo in condizioni dignitose e nel rispetto dei nostri diritti sindacali e sociali, solo questo chiediamo.
Non crediate che siccome siamo vessati e sfruttati non siamo in grado di riconoscere la speculazione che viene esercitata sul nostro lavoro e lo sfruttamento che si produce in tutta la filiera agricola. Milioni di euro affluiscono dai fondi europei al settore agricolo (la dotazione finanziaria totale del Piano di Sviluppo Rurale Puglia 2014 – 2020 è pari a 1.637.880.991,74 euro) spesso ingrassando uomini in giacca e cravatta, ma nulla viene dato a chi quotidianamente si spacca la schiena nei campi per la raccolta, nonostante le condizioni di vita di noi braccianti siano ben al di sotto della soglia minima di decenza. Invece di darci gli alloggi che spettano ai lavoratori agricoli, vorrebbero rinchiuderci nei centri di accoglienza, magari per speculare su questa seconda fonte di finanziamenti.
La Chiesa di Francesco è una delle poche istituzioni che ha saputo parlare ultimamente il linguaggio degli esclusi. Proviamo rispetto per le parole del Papa. Terra, casa e lavoro, riconoscimento dei diritti fondamentali. Siamo qui, in questa cattedrale, per essere ascoltati e perché i nostri sacrosanti diritti vengano riconosciuti. E non ce ne andremo finché questo non accadrà
Foggia, 10 ottobre 2017
Coordinamento Lavoratori Agricoli USB di Foggia
Confederazione USB Foggia
USB Puglia